A molti sarà capitato di separarsi a fatica dal proprio bambino che al momento del saluto piange tenendosi stretto a voi…Situazioni come queste sono frequenti soprattutto nelle fasi d’inserimento in contesti nuovi (nido, asilo, nuove baby sitter…), la classica ansia da separazione.

Lasciare il proprio bambino in lacrime non è semplice, produce la sensazione di non essere un buon genitore, inadeguati e con tanti sensi di colpa. Come fare per capire se questa è una situazione normale o può essere un segno di disagio?

Per cercare di affrontare più consapevolmente questa situazione è utile sapere come si sviluppa la relazione genitore (o adulto accudente) e bambino. Nei primi mesi di vita il neonato è un tutt’uno con l’adulto che si prende cura di lui, quasi non lo vive come altro da se: questa presenza è nutrimento, accudimento e protezione che riconosce anche solo dall’odore, dalla voce.

Gradualmente il bambino si differenzia e impara che esiste altro da sé e dalla madre (genitore) per cui compare il fenomeno della “paura dell’estraneo”; dai circa 6/7 mesi questo fenomeno sancisce l’inizio di quello che chiamiamo ansia da separazione dalla fonte di cure primarie.

Questo fenomeno è però naturale e fisiologico, molti sono stati gli studi che hanno affrontato questo comportamento; la teoria dell’attaccamento (elaborata dallo psicologo Bowlby) approfondisce proprio la reazione che i bambini hanno quando si trovano in una “strange situation”, cioè quando si trovano in un contesto e con un adulto che conoscono poco o non conoscono affatto.

I comportamenti dei neonati (dai 7 mesi ai 36 mesi) sono stati classificati in base alla reazione alla separazione che è strettamente collegata al tipo di attaccamento che hanno strutturato con l’adulto accudente (nella maggioranza dei casi la madre): è emerso che l’elemento comune di tutti i bambini è l’ansia (paura) di trovarsi con una sconosciuto, allora cosa contraddistingue un bambino che ha un attaccamento “sicuro” con uno “disorganizzato” “insicuro” o “evitante” (le classificazioni elaborate in base agli esperimenti svolti)? La qualità e la quantità della reazione.

Mi spiego meglio: un bambino “sicuro” è un bambino che piange quando la mamma va via ma si fa consolare dall’altro adulto con cui è rimasto, si distrae facilmente, riprende ad esplorare l’ambiente, è “sicuro” che la madre tornerà ed è contento di rivederla.

Quali sono i comportamenti che possono essere campanelli d’allarme?

Sono quelli di bambini estremamente impauriti, disperati per la separazione, probabilmente perché ”insicuri” di un possibile ritorno, sono inconsolabili anche al ricongiungimento con la madre.

Quali sono i comportamenti che possono ridurre le reazioni di ansia di separazione?

Anticipare al bambino la situazione: spiegare al bambino che lo saluteremo per andare via (a lavorare/fare commissioni/altro…) ma che torneremo presto, prepara il piccolo al momento della separazione. Insieme possiamo esplorare l’ambiente in cui resterà proprio per familiarizzare con lo spazio (se è nuovo) e tranquillizzarlo e fargli vedere le persone con cui passerà il tempo durante il quale starete via.

Rassicurarlo sul proprio ritorno: sembra scontato ma non lo è, mostrare un atteggiamento sereno al bambino è fonte di tranquillità, i bambini non hanno una percezione precisa del tempo (soprattutto se molto piccoli) potrebbe non essere inutile dirgli l’ora del ritorno ma sapere che la mamma/papà torneranno dopo un’attività che lui svolgerà (per es. dopo il riposino, dopo la merenda…) lo rassicurerà. Inoltre trovare qualcosa da fare insieme al ritorno può rendere il ricongiungimento ancora più gradevole (per es. andremo al parco insieme, mangeremo un gelato, leggeremo un racconto…).

Creare un rituale con il bambino: così come tutte le routine (sonno, pasti…) anche il saluto può essere un momento in cui il piccolo insieme al genitore fa qualcosa di prestabilito, va bene anche un’attività che non sia lunga ed articolata (pensando ai tempi serratissimi del mattino che richiedono velocissimi saluti): cantare la sua canzone preferita, raccontargli i giochi e le attività che svolgerà, le persone che incontrerà…

Lasciargli un oggetto che lui possa tenere con sé durante il periodo di separazione: lasciare al bambino il suo gioco preferito, un fazzoletto/copertina con il vostro odore o i vostri baci che possono essere rappresentati da piccoli foglietti/post it colorati (che potete anche creare insieme).

Leggere insieme qualche libro sulla separazione: ci sono molti testi che parlano proprio di questo tema, “A più tardi!” (consigliato dall’anno- testo e illustrazioni di Jeanne Ashbé) è un ottimo libro che racconta al bambino la routine del nido e soprattutto i piacere di ritrovarsi. “Tre piccoli gufi” (dai 2 ai 5 anni- testi di Martin Waddel) è il racconto di tre piccoli gufi che al loro risvegli non trovano la mamma che si è allontanata per cercare cibo, in quell’attesa scoprono tante cose…; “Ciripò, Lilli, Rataplan e altri animali paurosi- Favole per aiutare i bambini a vincere le ansie più comuni” (consigliato dai 5 ai 7 anni- testo di Giuseppe Maiolo e Giuliana Franchini) è una raccolta di favole per bambini più grandi ed affronta un ventaglio più ampio delle paure comuni.

Tutti questi sono spunti e suggerimenti che possono ampliarsi in base alla conoscenza del vostro bambino.

Veniamo agli adulti/genitori: chiederci molto spesso quali emozioni stiamo vivendo e perché ci aiuta a capire meglio noi stessi. In una situazione come questa, quando è necessario andare via e salutare il proprio figlio è assolutamente normale sentirsi tristi ma essere dilaniati e divorati dai sensi di colpa è utile per voi e per il vostro bambino?

Probabilmente no perché al bambino sembrerà che voi state facendo qualcosa che sentite come sbagliata, un danno che gli state arrecando in maniera gratuita. Non è certo così, i momenti di separazione sono spazi in cui si scoprono tante cose, per esempio si apprende che si sopravvive alle piccole frustrazioni, che esiste un mondo non pericoloso al di fuori della casa (o della diade madre/bambino).

Insomma è bello stare con la mamma ma il bambino imparerà che è piacevole stare anche con gli altri e che questi non sono una minaccia. Un bambino che piange è un bambino triste? No, è un bambino che sperimenta la tristezza, un emozione primaria che è importante provare. Piccole frustrazioni sono molto importanti per strutturare una personalità che è in grado di reagire in maniera funzionale ad un no, ad una breve separazione.

Libri per i genitori
Infine ci sono tanti testi che possono essere utili guide per i genitori “Le paure segrete dei bambini. Come capire e aiutare i bambini ansiosi e agitati” è uno di questi. Attraverso la connessione, il gioco e l’empatia, l’autore (Lawrence J. Cohen) guida i genitori a insegnare ai loro figli a gestire adeguatamente il “sistema di sicurezza” di cui sono dotati, a far crescere la loro soglia di tolleranza delle situazioni che generano incertezza o disagio, ad allentare la tensione e favorire la calma nei momenti difficili.

Articolo a cura della dott.ssa Grazia Migliuolo.

Grazia Migliuolo, psicologa clinica e dello sviluppo, specializzanda in psicoterapia cognitivo-comportamentale. Lavora da 10 anni lavora nell’ambito di progetti di prevenzione del disagio per e con i bambini e le loro famiglie. Promuove percorsi di sostegno alla genitorialità e psico-educativi sulla gestione emotiva (ansia, fobie, disturbi della condotta) soprattutto nella fase pre-scolare e scolare, progetta percorsi personalizzati bambini con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) e Bisogni Educativi Speciali (BES). Gestisce, insieme ad un’esperta del web, il blog “figli digitali – vivere il web consapevolmente” con l’obiettivo di sensibilizzare sui temi legati alle tecnologie, ai social e al cyberbullismo.

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